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La pandemia da Covid 19 ha portato con se’ sostanziali modifiche al nostro stile di vita. Le restrizioni imposte, per fronteggiare il diffondersi del virus SarsCOV2, hanno contribuito al re-wildening di molti territori da parte di numerose specie animali, come riportato da alcuni autori.
In Europa i morsi di vipera costituiscono un’urgenza medica relativamente rara: ogni anno vengono segnalati circa 7500 morsi su una popolazione di 750 milioni di abitanti (incidenza annua di 1/100.000), che causano circa 5 morti (lo 0,06% dei morsi totali, con una mortalità globale di 0,0006/100.000) e 1000 casi di avvelenamento severo.
In Italia esiste un’ importante stagionalità (tra marzo ed ottobre, con un picco tra maggio ed agosto); la maggior parte dei morsi avviene tra le ore 12 e le 18, poichè i serpenti, animali eterotermi, cacciano nella stagione e nelle ore più calde.
La popolazione pediatrica appare più soggetta al morso di vipera (17-38% dei morsi totali). L’età media riportata della popolazione pediatrica coinvolta è di 6,5 anni. La severità di avvelenamento non cambia tra gli adulti ed i pazienti pediatrici (sebbene questo dato sia dibattuto in letteratura), così come tra i maschi e le femmine.

Il veleno di vipera contiene diversi tipi di tossine, responsabili di attività citotossica, emotossica e talvolta neurotossica. Tra le sue principali componenti vi sono enzimi (metalloproteasi, fosfolipasi, ossidasi, ialuronidasi…), fattori di crescita endoteliali ed agenti che interferiscono con la cascata coagulativa. Nei soggetti allergici, in aggiunta agli effetti tossici diretti causati dal veleno, è possibile osservare reazioni anafilattiche IgE mediate.
La massima concentrazione plasmatica del veleno si osserva tra 30 minuti e 4 ore dopo il morso e l’emivita biologica del veleno è di 6-16 ore.
In caso di “morso secco”, riportato in letteratura nel 6-21% dei casi, l’animale morde senza inoculare il veleno; nei bambini è riportata una prevalenza, di questa tipologia di morso, maggiore rispetto agli adulti (38% vs 20%).
Solitamente il tipico segno del morso è caratterizzato da due lesioni puntiformi distanti tra loro, in maniera variabile, da 0,5 a 1 cm; va posta attenzione anche nel caso in cui ci sia solo un punto d’inoculo, in quanto la vipera potrebbe aver perso un dente velenifero oppure il morso potrebbe non essere andato a buon fine. Il bambino può accusare dolore intenso o anche solo sensazione di puntura; la presenza di dolore non correla con l’inoculo di veleno o meno10.

Le manifestazioni cliniche associate al morso di vipera possono limitarsi a segni e sintomi localizzati oppure assumere carattere sistemico di tipo gastrointestinale, ematologico, neurologico, renale e cardiovascolare.
Sin dall’inizio degli anni ‘90 lo score clinico di Audebert è utilizzato come strumento di valutazione del grado di avvelenamento e tale classificazione è validata in molti paesi europei.

Il danno tissutale può estendersi ai tessuti sottostanti fino ad un quadro di rabdomiolisi e sindrome compartimentale.
Si può sviluppare danno miocardico con aumento delle troponine e alterazioni di tipo ischemico all’ECG ed aritmie. Il quadro cardiovascolare può ulteriormente complicarsi con ipotensione severa, shock cardiogeno fino all’arresto cardiaco. A questo possono sommarsi i segni dell’insufficienza cerebrale (con perdita di coscienza e convulsioni) e dell’insufficienza renale acuta da tubulopatia.
Il veleno di alcune specie di vipera può contenere neurotossine che, all’inoculo, provocano segni e sintomi a carico dei nervi cranici, sia di rapida insorgenza che a distanza di 4-12 ore 14. Il più frequente è la ptosi palpebrale, ma sono stati riportati anche casi di oftalmoplegia, diplopia, disartria, paralisi dei muscoli orbicolari delle labbra. Nei casi più severi sono stati segnalati, inoltre, sopore, vertigini, dispnea e parestesie diffuse.
Gli esami di laboratorio possono evidenziare alterazione elettrolitiche e dell’equilibrio acido-base, iperleucocitosi (presente soprattutto nei casi severi e fattore prognostico negativo), iperglicemia, disturbi della coagulazione con trombocitopenia, aumento del D-dimero, ipofibrinogenemia, aumento degli enzimi muscolari, proteinuria, ematuria ed incremento della creatinina.
Nella fase pre- ospedaliera non vanno praticate incisioni, ne’ suzione, ne’ applicati lacci perché risultano inefficaci se non dannosi! E’ bene innanzitutto tranquillizzare il bambino e, compatibilmente con il luogo in cui ci si trova, evitare di farlo camminare o muovere, per non aumentare la gittata cardiaca e quindi prevenire la diffusione del veleno.
L’arto va mantenuto in posizione neutra e vanno rimossi oggetti che possano comportarsi da laccio in caso di successiva tumefazione (bracciali, anelli, orologi, scarpe o indumenti stretti).
È bene disinfettare accuratamente la ferita evitando disinfettanti alcolici, ma il bambino va in ogni caso condotto in ospedale. L’approccio terapeutico ospedaliero si basa sulla classificazione di Audebert.
In caso di assenza di lesioni locali o sistemiche (grado 0) è sufficiente un’osservazione di 12 ore dal morso, da prolungare nei bimbi più piccoli a 24 ore. In caso di mancata comparsa di sintomatologia si può concludere per un morso secco, senza necessità di ulteriori indicazioni.
Per i casi con sintomatologia locale lieve (grado 1) l’osservazione ospedaliera va prolungata per 24 ore, per valutare una possibile evoluzione clinica a gradi di maggior severità. Durante l’osservazione devono essere monitorizzati i parametri vitali per intercettare precocemente la comparsa di segni e sintomi sistemici (ipotensione, tachicardia, vomito, dolore addominale e diarrea) o neurologici (ptosi palpebrale, deficit nervi cranici), gli ematochimici (emocromo, assetto coagulativo, emogasanalisi) e l’elettrocardiogramma. Il morso di vipera è estremamente doloroso per cui è bene, in tutti i casi, impostare da subito un trattamento analgesico ad orario.
Il presidio terapeutico fondamentale in caso di sintomatologia sistemica, neurologica o di tumefazioni estese oltre la zona di inoculo (grado 2-3) e in rapido peggioramento è il siero antivipera. È bene in ogni Pronto Soccorso, soprattutto se geograficamente sito in aree a rischio e nei mesi estivi, avere una scorta di siero antivipera.
Attualmente i sieri antivipera disponibili in Italia sono di importazione. Nella scelta sono da preferire i sieri che contengono frammenti anticorpali contro le diverse specie di vipera presenti sul proprio territorio.
Il siero antivipera si somministra diluito in soluzione fisiologica, per via endovenosa lenta (almeno 60 minuti), partendo con una bassa velocità di infusione, da aumentare progressivamente, verificata l’assenza di reazione anafilattica.
Gli studi disponibili descrivono l’efficacia dei sieri somministrati per via endovenosa, mentre non vi sono dati a supporto dell’uso intramuscolare. La dose di siero antivipera è uguale per adulti e bambini (una/due fiale) poiché tiene conto della quantità di veleno da neutralizzare, piuttosto che delle dimensioni o peso del paziente. Ulteriori somministrazioni raramente sono necessarie e probabilmente inefficaci.
Nei casi borderline il riscontro di leucocitosi (> 15.000/mmc), acidosi metabolica, alterazioni della coagulazione o elettrocardiografiche, rafforzano l’indicazione alla somministrazione del siero antiofidico, che tanto più precocemente avviene (< 10 h dal morso), tanto più rapido sarà il beneficio per il paziente. Essendo un siero eterologo purificato di derivazione animale, vi è un rischio teorico di reazione anafilattica. Il rischio di reazione anafilattica è però nella pratica clinica minimo e può essere ridotto, in caso ad esempio di pazienti con una nota diatesi allergica, con una premedicazione tramite corticosteroide ed antistaminico.

In tutti i casi è utile il confronto con il tossicologo del Centro Antiveleni, per discutere l’appropriatezza, il timing e la modalità di somministrazione del siero antiofidico; se vi è un’indicazione clinica alla somministrazione del siero, questa non va ritardata/controindicata per il rischio di reazione anafilattica.
In caso di sindrome compartimentale la somministrazione precoce del siero antivipera è il trattamento di maggiore efficacia. L’indicazione alla fasciotomia, a causa del rischio di complicanze, è discussa in letteratura e deve essere valutata con cautela, nonché supportata dalla misurazione di pressioni compartimentali elevate.
Nonostante la bocca della vipera sia un ambiente altamente settico, raramente sono segnalate complicanze infettive del morso, pertanto il trattamento antibiotico routinario non è indicato ma va intrapreso prontamente solo in caso di segni di sovra infezione della ferita (secrezione purulenta)23.
L’eparina è indicata in caso di trombosi. Nonostante il suo utilizzo a scopo profilattico sia correlato a peggioramento del quadro locale, dopo le prime 24 ore e in caso di edema duro/dolente e di immobilità dell’arto, può dimostrarsi utile la profilassi con eparina a basso peso molecolare.
Infine, è buona prassi indagare sempre lo stato vaccinale del bambino e proporre la profilassi antitetanica, comunque non mandatoria ma fortemente consigliata.
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