CASI CLINICI CIO' CHE NON TI ASPETTI COVID 19

Questa MIS-Conosciuta

Tempo di lettura: 7′

Ultimi mesi di specialità.

Voglia di autonomia. Panico per quello che verrà.

Uscire dalla “comfort zone” dello specializzando e affrontare l’imminente aumento di responsabilità che si prospetta. Che tutti prima o poi affrontano, chi con più leggerezza e spensieratezza, chi mettendo in conto notti insonni almeno per un po’.

Ultimi mesi di specialità in un anno a dir poco particolare, l’anno del COVID-19, anno ancora più particolare per chi, come me, già da tempo aveva deciso di dedicarlo alle malattie infettive, ma che tutto avrebbe pensato tranne che di imbattersi in una pandemia. Programmi di studio saltati per dedicarsi inaspettatamente e completamente a questa nuova infezione, che ha stravolto non solo i miei programmi di studio ma la vita di tutti noi.

Ultimi mesi di specialità nell’anno del COVID-19, che è stato per me la conferma di una passione, le malattie infettive, all’interno di una passione ancora più grande, che è la pediatria. Ed è proprio di questo che spero di occuparmi nella mia vita di medico.

In questi miei ultimi mesi di specialità, a distanza di circa 4-6 settimane dal picco di COVID-19 nella popolazione generale, compare nel vocabolario medico l’acronimo di una nuova condizione, riservata per definizione all’età pediatrica e ormai nota a tutti con il termine MIS-C. Ad Aprile 2020, ancora prima che se ne parlasse in letteratura, arrivano anche da noi a Torino i primi casi: sono per tutti una novità, ci obbligano a studiare, a riflettere, a tentare di capire e trovare il migliore approccio diagnostico-terapeutico confrontandoci gli uni con gli altri, urgentisti con infettivologi, immunologi con cardiologi, intensivisti con neurologi, applicando quell’approccio multidisciplinare che impareremo essere necessario e fondamentale per affrontare questa nuova malattia. Il confronto costante e il lavoro di squadra fanno parte del nostro lavoro e la MIS-C ce l’ha gridato a gran voce, casomai ce lo fossimo dimenticati.

ma partiamo da un caso...

È il 20 settembre del 2020. Sono le 10 del mattino.

Jasmine, una bambina di 7 anni di origine africana, sovrappeso, con un’anamnesi fino a quel momento irrilevante, accede al nostro Pronto Soccorso, su indicazione del Curante, per inappetenza, dolore addominale, vomito e febbre da 2-3 giorni. In seguito agli episodi di vomito la madre riferisce la comparsa di una soffusione emorragica sclerale bilaterale, che subito attrae la nostra attenzione.

All’arrivo in PS la bambina si presenta in condizioni generali buone, apiretica. All’esame obiettivo (EO) cute pigmentata, morbida ed elastica, con eruzione cutanea eritemato-orticarioide pruriginosa in particolare al volto, alle cosce e al tronco. Obiettività cardio-toraco-addominale di norma, buoni parametri vitali. Non edemi declivi, non tumefazione di mani e piedi. Intensa iperemia congiuntivale bilaterale, come da emorragia capillare, in prima ipotesi considerata secondaria allo sforzo del vomito. Non altri reperti di rilievo da segnalare.

In PS si decide di eseguire una routine completa di esami. E arrivano le prime sorprese: gli indici di flogosi sono molto aumentati, più di quanto ci saremmo aspettati a un primo colpo d’occhio sulla paziente (PCR 274 mg/L, PCT 2.6 ng/mL); all’emocromo notiamo subito un’importante leucocitosi neutrofila, con 18800/mmc globuli bianchi, di cui un 90% neutrofili (pari a 15000/mmc).

Si rivaluta la paziente, il tempo vola e nel frattempo si sono fatte le 16.

L’aspetto di Jasmine è cambiato: si presenta adesso sofferente, con franca sintomatologia addominale in precedenza non riscontrata, polipnoica, con saturazione di ossigeno (SatO2) che inizia progressivamente a scendere. All’ecografia clinica polmonare si riscontra, a destra, un incremento delle linee B e una piccola area di consolidamento in campo medio, reperti successivamente confermati dalla radiografia del torace, che descrive anche un cuore ai limiti superiori. La valutazione iniziale strumentale include un’ecografia dell’addome, che documenta litiasi della colecisti e la presenza di adenomesenterite.

Nel sospetto di un quadro infettivo, si avvia idratazione ev con SF a 60 ml/h e, previa esecuzione di emocoltura, si imposta terapia antibiotica empirica con amoxicillina-clavulanato per via endovenosa, nell’attesa di trovare un posto letto per la bambina.

Durante l’osservazione in PS/OBI torna la febbre, cala la pressione (PA 70/42 mmHg), le SatO2 si riducono sempre di più fino alla necessità di ossigenoterapia.

C’è qualcosa che non torna. E quel cuore ingrandito all’Rx torace non ci convince.

Ore 17.49: Chiediamo una consulenza cardiologica, che, fortunatamente, non tarda ad arrivare. All’ecocardiogramma il ventricolo sinistro appare normale per dimensioni e spessori, ma con una contrazione globale compromessa (FE del 45-48%); all’ECG tratto ST-T con atipie aspecifiche in sede infero-laterale (sopraslivellamento orizzontale < 1mm). Il compenso emodinamico si mantiene al momento buono e la bambina è asintomatica dal punto di vista cardiologico, ma il coinvolgimento cardiaco c’è, su questo non ci sono dubbi. La cardiologa consiglia di valutare i markers di danno cardiaco su prelievo ematico, mantenendo il monitoraggio continuo dei PV e controllando in modo seriato la pressione arteriosa. Utile anche sierologia per SARS-CoV-2. Perché?

Perché, mettendo insieme tutti i dati finora a disposizione, il sospetto di MIS-C ci sorge spontaneo. E gli esiti dei markers di danno cardiaco (NT-proBNP pari a 25513 pg/mL, CK MB 6.1 ng/mL e Troponina T 130 ng/L) confermano il coinvolgimento del miocardio e non fanno altro che aumentare ulteriormente tale sospetto.

Durante l’osservazione in PS/OBI vengono segnalati:

  • febbre>38°C;
  • rash cutaneo diffuso;
  • congiuntivite bilaterale non secretiva;
  • dolore addominale (uno dei motivi di accesso in PS, insieme all’inappetenza, al vomito, alla febbre e alla congiuntivite);
  • comparsa progressiva di tachidispnea e insufficienza respiratoria acuta con necessità di ossigenoterapia;
  • coinvolgimento cardiovascolare con deficit contrattile del ventricolo sinistro (FE 45-48%), anomalie all’ECG, ipotensione;
  • all’eco addome non viene descritta solo la calcolosi della colestici (già nota in anamnesi), bensì anche la presenza di adenomesenterite.

Per quanto riguarda gli esami ematochimici, a una lettura attenta dell’emocromo non è solo la leucocitosi neutrofila che salta subito all’occhio, ma anche valori spiccatamente ridotti di  linfociti (750/mmc) e piastrine (111000/mmc). La paziente presenta inoltre iposodiemia (130 mmol/L), ipoalbuminemia (2.3 g/dL), rialzo della creatinina (0.78 mg/dl), aumento del D-Dimero (1992 ng/mL) e ipertransaminasemia (AST/ALT rispettivamente pari a 55/70 UI/L).

Tutto, quindi, sembra orientarci verso una diagnosi di MIS-C, termine che sta per “multisystem inflammatory syndrome in children” e che, come suggerisce il nome stesso, definisce una patologia iperinfiammatoria multisistemica. Tale condizione può colpire pressochè ogni organo e apparato e molto ricorda altre condizioni iperinfiammatorie tipiche dell’età pediatrica, ma se ne distingue per tratti peculiari che in questi ultimi mesi abbiamo imparato a conoscere e riconoscere.

Sono state proposte numerose definizioni di questa nuova condizione, di cui quella dei CDC è la più frequentemente riportata in letteratura.

Definizione preliminare di MIS-C secondo i Centers for Disease Control and Prevention (CDC)

Quando, quindi, sospettare una MIS-C?

Il sospetto è innanzitutto clinico e si pone di fronte a un paziente con febbre, evidenza di coinvolgimento di 2 o più organi e apparati (cardiovascolare, dermatologico, gastrointestinale, ematologico, neurologico, renale o respiratorio) e concomitante:

  • rialzo significativo degli indici di flogosi
  • dopo aver escluso altre possibili cause microbiologiche di infezione/infiammazione
  • e con documentata infezione recente da SARS-CoV-2 (tramite positività di RT-PCR, test antigenico o test sierologico) oppure nota esposizione a COVID-19 nelle 4-6 settimane precedenti la comparsa dei sintomi.

Nei primi articoli pubblicati in letteratura i bambini sembravano quasi risparmiati dalle forme più gravi di malattia da COVID-19, poiché spesso, in età pediatrica, l’infezione acuta può decorrere in modo del tutto asintomatico. A distanza di alcune settimane dal picco di infezione nella popolazione generale, sono stati però riportati numeri progressivamente crescenti di MIS-C, che da subito hanno spaventato noi pediatri.

Sono tuttora sconosciuti i meccanismi patogenetici alla base di tale condizione infiammatoria multisistemica. Quello che al momento sappiamo è che i primi casi di MIS-C sono stati riportati negli Stati Uniti e in Europa dopo circa 4-6 settimane dal picco di COVID-19 nella popolazione generale. Questo intervallo temporale, così come le caratteristiche dei pazienti con questa diagnosi (tampone in genere negativo con sierologia invece positiva), fanno supporre che la sintomatologia sia secondaria non tanto a un danno virale diretto, quanto piuttosto allo sviluppo di una reazione immunitaria ritardata ed esagerata secondaria all’infezione da SARS-CoV-2, con rilascio incontrollato di molecole dell’infiammazione. Questa tempesta citochinica verosimilmente provoca un danno vasculitico-endoteliale e meccanismi di tipo autoimmune, i quali si manifestano con febbre elevata e interessamento multiorgano, in particolare a carico di:

  • tratto gastrointestinale (dolore addominale severo, vomito e diarrea) e ricordiamoci che, come descritto da varie casistiche riportate in letteratura, i sintomi gastrointestinali sembrano essere tra le caratteristiche più tipiche di questa patologia all’esordio;
  • sistema cardiocircolatorio (ipotensione, shock, disfunzione ventricolare sinistra con riduzione della FE e talvolta anomalie coronariche, alterazioni elettrocardiografiche, rialzo dei markers di danno cardiaco, come NT-proBNP e Troponina T). Sono pazienti che si scompensano facilmente, con una percentuale di ricovero in terapia intensiva che arriva al 68-80%, per cui vanno strettamente monitorati dal punto di vista emodinamico e del bilancio introdotti/eliminati;
  • emostasi (alterazione di D-dimero, PT e aPTT e trombocitopenia);
  • cute e mucose (rash cutaneo, congiuntivite e mucosite, edemi periferici);
  • talvolta interessamento SNC con cefalea, convulsioni, irritabilità, sopore/stato confusionale;
  • l’interessamento polmonare con distress respiratorio non sembra invece uno dei tratti peculiari di questa condizione, essendo più tipico del COVID-19 severo.

Dal punto di vista degli esami ematochimici, i pazienti in genere presentano rialzo significativo degli indici di flogosi (PCR, VES, PCT), ipertransaminasemia, ipoNa e ipoalbuminemia, aumento di troponina T e soprattutto NT-proBNP, anemia, linfopenia, trombocitopenia o al contrario talvolta trombocitosi.

Nakra et al Multi-System Inflammatory Syndrome in Children (MIS-C) Following SARS-CoV-2 Infection: Review of Clinical Presentation, Hypothetical Pathogenesis, and Proposed Management. Children. 2020;7(7). doi:10.3390/children7070069

Cosa, invece, non è una MIS-C?

Innanzitutto non è una malattia di Kawasaki (MK), anche se spesso, soprattutto nei più piccoli, la diagnosi differenziale tra queste due condizioni non è affatto semplice. Le difficoltà di definizione della MIS-C hanno fatto sì che, molto probabilmente, alcuni pazienti siano stati fino ad ora impropriamente considerati affetti da MIS-C quando in realtà presentavano o un quadro di COVID-19 severo o una forma di MK con pregressa infezione da SARS-CoV-2, come descritto in un lavoro pubblicato dai CDC nell’estate 2020.

In linea generale, le principali differenze tra MIS-C e MK possono essere riassunte in questi punti:

  • innanzitutto l’età, maggiore nei bambini con MIS-C rispetto a quelli con MK;
  • gli esami di laboratorio, con indici di flogosi tendenzialmente più alti nella MIS-C rispetto alla MK e alterazioni emocromocitometriche tipiche, come linfopenia e piastrinopenia;
  • casi di shock e ipotensione sono rari nella MK, mentre arrivano al 35% nelle casistiche di pazienti affetti da MIS-C;
  • l’interessamento gastrointestinale è tra le caratteristiche peculiari della MIS-C, mentre è raro nella MK; il danno a carico dell’apparato gastrointestinale e l’alterata permeabilità della sua barriera mucosa ed ematica sembrano contribuire in modo significativo alla risposta iperinfiammatoria tipica di questa condizione;
  • i farmaci più efficaci per spegnere la risposta immunitaria in corso di MIS-C sembrano essere gli steroidi e non le Ig ev, che rappresentano invece il trattamento di prima scelta in caso di MK;
  • l’etnia: la MK è stata descritta per la prima volta in Giappone e sembra avere una maggiore incidenza nei bambini di origine asiatica, mentre la MIS-C sembra prevalente negli afroamericani e latini;
  • per quanto riguarda nello specifico il cuore, piuttosto rari sono i casi di coronarite (che invece rappresenta la più temuta complicanza della MK), mentre predominanti sono le disfunzioni del VS e le anomalie del ritmo cardiaco.

La MIS-C non è neanche una sepsi anche se  i pazienti all’esordio possono mimare un quadro infettivo severo. Per tale motivo è indicato, nell’attesa degli esiti degli esami microbiologici, avviare una terapia antibiotica ad ampio spettro, da sospendere una volta che la diagnosi di MIS-C viene confermata e alla luce dell’esito negativo degli esami colturali.

La difficoltà di definizione si riflette anche in una difficoltà di trattamento.

Dal momento che nella maggior parte dei casi non vi è evidenza di infezione attiva, non sono in genere indicati farmaci antivirali. La terapia è volta principalmente al tentativo di spegnere tutta questa iperinfiammazione, in aggiunta alla terapia di supporto, in particolare:

  • terapia reidratante ev o forse sarebbe meglio dire attenta restrizione dei fluidi, per evitare il sovraccarico di un cuore che, già di per sé, lavora a fatica; calcoliamo pertanto un apporto di liquidi totale (ev + per os) non superiore al 50% del fabbisogno idrico giornaliero, da modulare in base alla clinica e monitorando almeno ogni 2h pressione arteriosa e bilancio I/E.
  • in caso di febbre e/o dolore è raccomandato l’utilizzo di paracetamolo (15 mg/kg/dose, massimo ogni 6 ore) e permane l’indicazione abituale in età pediatrica a preferire il paracetamolo all’ibuprofene, evitando l’ibuprofene in particolare in caso di diarrea, vomito e disidratazione;
  • ossigenoterapia in caso di necessità;
  • terapia antibiotica ad ampio spettro, dopo raccolta di esami colturali e nell’attesa dell’esito degli esami microbiologici;
  • prescrivere gastroprotezione con PPI (x es. omeprazolo 1 mg/kg, max 40 mg/die) in tutti i bambini trattati con steroide.

Jasmine viene dapprima idratata con SF a 60 ml/h, col senno di poi forse troppo per un cuore che all’ecocardio risultava già affaticato. Il suo quadro cardiovascolare infatti in un primo momento peggiora: la vena cava inferiore si dilata tanto e si comprime poco, la FE si riduce ulteriormente, compaiono rantoli crepitanti bilaterali ed edemi declivi, l’aspetto di Jasmine è sempre più sofferente. Riduciamo allora l’idratazione ev, infondiamo albumina e a seguire diuretico, modifichiamo la terapia antibiotica in corso con sospensione dell’amoxicillina-clavulanato e introduzione di piperacillina/tazobactam + vancomicina.

Sono le 15.30 del 21 settembre, il giorno seguente all’arrivo in PS della paziente, il 4° giorno dall’esordio dei sintomi. Dopo discussione collegiale del caso, scegliamo il metilprednisolone ev a 5 mg/kg come farmaco di prima scelta per tentare di spegnere l’iperinfiammazione e far tornare il sorriso alla nostra piccola paziente. Che diventa progressivamente sempre più sofferente. Che continua a essere febbrile nonostante le cure.

Passano 2 ore e tutto ci dice che non stiamo facendo abbastanza…

Le condizioni generali della bambina sono scadenti, è soporosa, ormai reattiva solo a semplici comandi; i parametri vitali peggiorano, sempre tachicardica, sempre più tachipnoica, sempre più ipotesa; gli esami ematochimici non preannunciano niente di buono (con un NT-proBNP in aumento a 31820), così come la rivalutazione cardiologica che ci annuncia una FE in ulteriore riduzione, intorno al 35%. Ripetiamo quindi una seconda dose di steroide a 5 mg/kg nel tentativo di fermare questa tempesta citochinica che al momento continua ad avere la meglio. E continuiamo a rivalutare Jasmine in modo seriato sperando arrivino, presto, segnali di risposta.

Sono ormai le 21, è arrivato il medico della notte e rientriamo insieme in camera di Jasmine.

È sveglia, finalmente sta meglio.

La febbre è scesa.

La pressione è salita.

Gli altri parametri vitali sono tutti migliorati.

Dice di aver fame (e questo in pediatria è sempre un ottimo segnale).

Risponde in modo adeguato a tutte le domande, è finalmente ben reattiva e discretamente interattiva. È più serena. Ed io, anche, sono più serena.

Quella notte la mia collega entrerà in quella stanza almeno 5-6 volte. Il peggio sembra essere passato.

Non c’è accordo sull’utilizzo della terapia anticoagulante (consigliata in caso di aneurismi delle coronarie (CAAs) e/o di disfunzione del VS moderata o severa = FE <35%,) così come sul ricorso all’ASA (raccomandata in caso di forme simil-kawasaki, CAAs o trombocitosi), che va quindi valutata sulla base del rischio trombotico individuale e del coinvolgimento cardiovascolare del paziente. Nel nostro caso, considerata la rilevante iperinfiammazione, il coinvolgimento cardiaco con deficit contrattile del VS, il sovrappeso della bambina, l’interessamento polmonare con necessità di ossigenoterapia e la scarsa mobilizzazione, decidiamo di avviare dapprima terapia anticoagulante con eparina in infusione continua fino alla dimissione e, a seguire, acido acetilsalicilico a dosaggio antiaggregante. Fortunatamente Jasmine non ha bisogno di inotropi né di farmaci vasoattivi, farmaci talvolta necessari in caso di coinvolgimento cardiaco severo.

Verrà dimessa dopo un ricovero di 2 settimane, in buone condizioni generali, con quadro cardiologico normalizzato e indici di flogosi completamente spenti, proseguendo al domicilio la terapia steroidea per os a scalare fino alla completa sospensione dopo un totale di 8 settimane e senza successivi segni di recidiva di malattia.

Sicuramente stiamo parlando di una patologia nuova, che ricorda alcune patologie multisistemiche tipiche dell’età pediatrica, prima fra tutte la malattia di Kawasaki, ma che presenta caratteristiche peculiari che noi pediatri stiamo imparando sempre di più a conoscere, riconoscere e gestire, alla luce dell’incremento di casi arrivati alla nostra attenzione in questi ultimi mesi.

Credo che l’interesse nei confronti di questa patologia sia alto da parte di tutti noi, innanzitutto perché è importante saperla riconoscere (e per questo il ruolo dei colleghi del PS è fondamentale); in secondo luogo è opportuno gestirla tramite un approccio multidisciplinare e seguendo indicazioni diagnostico-terapeutiche condivise e specifiche per questi pazienti, che possono evolvere in modo repentino verso una patologia critica con necessità di cure intensive.

È una patologia seria, potenzialmente critica, da non sottovalutare.

Per questo motivo, nel sospetto di MIS-C, è sempre indicato l’accesso in PS per visita medica, esami ematochimici ed eventuali esami strumentali. Se il sospetto viene confermato, è sempre consigliato gestire questi pazienti in centri dotati di cardiologia e rianimazione pediatrica, per poter offrire quella gestione multidisciplinare di cui, spesso, questi pazienti hanno bisogno.

Ricapitolando…

..al giorno d’oggi, se vedi un bimbo sofferente (soprattutto nella fascia di età 6-12 anni), con indici di flogosi (PCR e PCT) molto aumentati, con leucocitosi, linfopenia e piastrinopenia e all’esame obiettivo manifestazioni muco-cutanee e/o coinvolgimento gastrointestinale, pensa anche (non solo!) alla MIS-C.

Attento al cuore, potrebbe già essere interessato.

Dopo aver eseguito gli esami microbiologici del caso, avvia una terapia antibiotica ad ampio spettro.

Richiedi la sierologia per SARS-CoV-2, un esito positivo potrebbe contribuire alla conferma diagnostica.

Nel dubbio, evita di sovraccaricare di liquidi il tuo paziente, il suo cuore già affaticato potrebbe risentirne.

Discutine con i tuoi infettivologi e immuno-reumatologi di fiducia e, se il sospetto viene confermato, imposta senza indugi una terapia volta a spegnere l’infiammazione (come prima linea boli di steroide ev, eventualmente associati alle immunoglobuline ev).

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